Partigiano in camicia nera (Italian Edition) by Alessandro Carlini

Partigiano in camicia nera (Italian Edition) by Alessandro Carlini

autore:Alessandro Carlini [Carlini, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biographies & Memoirs, Historical, Foreign Languages, Italian, Biographies; Diaries & True Accounts
Amazon: B01N7TJP2T
editore: Chiarelettere
pubblicato: 2017-02-08T23:00:00+00:00


L’incontro con Mussolini

La nuova uniforme gliela consegnano una volta ritornato alla divisione Italia nel Parmense. È l’inizio di gennaio del 1945. È dimagrito, di sicuro ha perso una taglia. Il furiere gli ha detto che è fortunato perché della sua misura è rimasto qualcosa. Non si trovano facilmente le divise, tantomeno gli scarponi, le cinture, i pastrani e i pantaloni. Negli ultimi mesi, poi, al reparto sono arrivati sempre meno rifornimenti.

«Sei stato assegnato alla compagnia anticarro, è una delle migliori» fa il furiere.

Uber si limita a rispondere con un cenno della testa. Gli hanno parlato di quei reparti. Il furiere non dice fesserie, quelli dell’anticarro sono i duri della divisione. Fascisti nell’anima, dicono. I tedeschi li hanno armati di tutto punto, coi pezzi e le armi migliori. Li vogliono come loro, determinati e spietati. Per Uber si ripete ancora una volta il suo destino di mezzo tedesco.

«Per te c’è la camicia nera, i pantaloni, i calzettoni e la giacca, e poi maglione e giubba» continua il furiere, imitando i sarti del centro città.

Il caporale lo squadra mentre con le sue mani piccole arraffa l’equipaggiamento dagli scaffali semivuoti.

«Se ti serve altro, purtroppo non posso dartelo, questo è tutto quello che la ditta può offrire» scherza il furiere.

Uber lo ringrazia senza ricambiare il sorrisetto stupido, raccoglie il fagotto di panni e va a cambiarsi. Non si infila una divisa nuova da repubblichino da mesi, da quando lo avevano spedito come spia fra i partigiani. Da ribelle lo ha accompagnato giorno e notte la tenuta malconcia del disertore tedesco. Si era affezionato a quei tre stracci e soprattutto al cappottone grigio che lo ha protetto dalle notti più rigide dentro l’officina del Reggiano. Alla fine però li ha dovuti bruciare. Che spreco in quei tempi, se li sarebbe portati con sé.

Apre la camicia nera che è stata ripiegata con cura. La guarda per qualche secondo. Poi, piano piano, la sbottona e se la infila sopra la canottiera, richiudendola sempre più lentamente. Controlla bene il colletto. Si mette i pantaloni, la cintura e gli scarponi. Fa ancora una certa impressione, agghindato in divisa, così di tutto punto. Prova qualche posa allo specchio, con le mani sui fianchi, poi alza il braccio destro nel saluto romano. La camicia è proprio della misura giusta, anche col braccio teso all’insù non si sgualcisce. Controlla gli scarponi, indossa e chiude la giacca con attenzione maniacale, cercando pieghe e fili fuori posto. È soddisfatto, ma il momento non lo esalta. Si passa una mano sopra la giacca e all’altezza del cuore piazza la spilla fuori ordinanza che gli ricorda che lui non deve avere pietà.

Non è il distintivo con l’idra, non c’è nessuno strano mostro immaginario ma la testa di un morto. Gli ricorda la vera guerra fatta ai ribelli stanandoli nei boschi, nelle forre e nei casolari col fuoco, le minacce e il terrore. Pochi, rari scontri con loro, improvvisi, ravvicinati, rabbiosi, duravano il tempo di una raffica e un disimpegno, del lancio di qualche bomba a mano e del colpo di un mortaio.



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